venerdì 8 ottobre 2010

Trinidad


Sono passati più di venti anni, ma sicuramente Trinidad non sarà cambiata, almeno nell’architettura se non nello spirito. Questa piccola città posta nel centro della lunga isola di Cuba a pochi chilometri dallo splendido mar dei Caraibi, è una delle meglio conservate e più interessanti città coloniali di tutta l’America centrale. Di solito è la meta di una fugace visita per gruppi turistici di passaggio, che dopo una rapida passeggiata per il centro proseguono verso un’altra meta. Eppure questa cittadina merita una permanenza più lunga per respirarne l’atmosfera e per approfittare di un mare ancora integro.
Giungemmo a Trinidad da Varadero, una lunga penisola con non molti hotel e in pratica nessun locale escluso “la cueva del pirata”, e decidemmo di fermarci alcuni giorni pernottando a Playa De Ancon, una spiaggia lunga diversi chilometri con due soli alberghi, anche se uno dei due mastodontico per l’architettura locale, distante non molti chilometri dalla città.
Avendo a disposizione un mese ci potevamo permettere di visitare le varie località di Cuba con calma, quindi decidemmo di alternare la visita della città con stupendi bagni nel mare cristallino. Eravamo giunti nell’isola caraibica già da una decina di giorni e avevamo fatto conoscenza della scarsa organizzazione e dell’eccessiva burocratizzazione della vita cubana, ma il secondo giorno che ci trovavamo a Trinidad toccammo il fondo.
Avevamo deciso di passare la serata in città per tornare poi al nostro albergo a Playa De Ancon distante 15 chilometri circa, cenammo in un ristorante dove per farci capire fummo costretti ad accompagnare il cuoco in cucina e mostrare quello che volevamo, una bistecca, poi dopo cena ci rendemmo conto che la “vita” in città era praticamente nulla e quindi ci recammo alla stazione centrale dei pullman dove c’era la possibilità di trovare un taxi. Premettiamo che erano le 22 circa quindi un orario umano. La prima cosa che apprendemmo fu che ogni taxi faceva servizio per una determinata località, in un secondo momento dopo aver aspettato a lungo scoprimmo che il servizio per Playa De Ancon era terminato, nonostante numerosi tentativi e supplicando vari tassisti fermi da ore di accompagnarci al nostro albergo tutto si dimostrò inutile, così come il tentativo del gestore di un bar che attaccatosi al telefono con un non meglio imprecisato ufficio cercò invano di far arrivare un altro taxi. Verso le tre di notte ormai stanchi e depressi seduti nella sala d’aspetto della stazione dei pullman semi addormentati in uno degli ormai rari tentativi riuscimmo a convincere una tassista a portarci in hotel. Naturalmente nei giorni successivi andammo a Trinidad solo di mattina.
Dopo cinque giorni di permanenza un pomeriggio ci dettero lo sfratto dalle stanze che occupavamo perché era arrivata una comitiva di turisti tedeschi, quindi in fretta e furia facemmo i bagagli per trasferirci all’altro hotel, di categoria più bassa, poco distante. Ma nonostante i contrattempi, il soggiorno in questo piccolo centro fu molto interessante. La struttura coloniale con i vecchi edifici dai colori pastello con le verande in legno, le strutture protettive delle grandi finestre in legno o in ferro lavorate aristicamente, la cantina dove si potevano ascoltare anziani musicisti (Ray Cooder era ancora lontano dall’addivenire) che eseguivano vecchi brani ormai celeberrimi o pezzi più recenti della nuova trova (la musica cubana), le escursioni in motoscafo ad isole deserte dalle spiagge bianchissime e dalla barriera corallina ricca di pesci multicolori (cayo Blanco a mezz’ora di motoscafo da playa De Ancon è la più vicina delle isole) dove mangiare aragoste appena pescate e cotte alla griglia (attenzione a non esagerare per chi ama gli alcolici con l’ottimo ron cubano), tutto faceva di questo soggiorno un momento indimenticabile e irrinunciabile di una vacanza a Cuba.
Ora a distanza di dieci anni come sarà questa zona, dopo l’aggressione turistica e le frotte dei vacanzieri che ormai invadono la più grande delle isole dei Caraibi? Ho il timore che Trinidad oramai non sia più la stessa; l’unica speranza è che il turismo selvaggio l’abbia solo sfiorata, considerandola una meta di passaggio, lasciandola integra nella struttura e nell’animo.

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